martedì 25 novembre 2008

La maratona di Milano e l'insofferenza dei milanesi

Domenica scorsa sul Corriere Maurizio Dallocchio ha scritto un bell’articolo sulla maratona di Milano.
Giustamente si chiedeva: cos’hanno in comune Londra, Parigi, New York? Oltre al fatto di essere grandi metropoli, naturalmente?
Hanno in comune il fatto di essere delle città internazionali, nel senso che sanno ospitare persone e popoli di nazionalità diverse, si sanno integrare meglio che da noi.
A New York la maratona che si è svolta due settimane fa ha avuto quartantamila partecipanti, di cui 3700 italiani.
A New York la città si ferma e saluta festante i partecipanti, li incoraggia, li incita. Mi hanno raccontato l’emozione e il boato che accoglie ogni singolo corridore al termine del ponte di Queensboro, un muro umano di migliaia di persone incoraggia i partecipanti.
La gente festeggia in strada, con balli e canti.
E’ un momento di grande integrazione, insomma.
La maratona di Milano è partita qualche anno fa in un clima di indifferenza e di scetticismo: ricordo ancora il nervosismo e le urla degli automobilisti costretti a fermarsi per il passaggio dei maratoneti.
Dallocchio auspicava una maratona di Milano diversa per quest’anno… ma purtroppo non è stato così: nervosismo e intolleranza hanno prevalso anche in questa edizione
Anzi, addirittura si è sfiorata la rissa dalle parti di Trenno con un vigile costretto a ricorrere alle cure dell’ospedale!
Forse siamo troppo stressati, così come abbiamo tutti diritto al nostro momento di svago nel fine settimana.
Ma non è che si potrebbe far coincidere la maratona con una domenica a piedi? Non è che si potrebbe far qualcosa in più per coinvolgere di più la città in occasione della maratona? E incentivare e favorire l’uso dei mezzi pubblici in quell’occasione?
Tutt altro che metropoli europea, anche Milano sta lentamente tornando indietro.
E con essa i milanesi.

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